Nel dibattito sulla vicenda di Villa Gualdi, dopo che la nuova costruzione ha iniziato a prendere forma con il conseguente sbigottimento di moltissimi cittadini, l’amministrazione comunale è intervenuta per precisare che il recupero e la trasformazione delle volumetrie esistenti, nel sito specifico di Villa Gualdi, sono previsti dal vigente PRG, e che l’iter del progetto è avvenuto nel rispetto di ogni livello e aspetto normativo, ricevendo il parere positivo (anche se con prescrizioni) da parte della Soprintendenza dell’Umbria.
Ma la vicenda di Villa Gualdi lascia aperte due questioni strettamente connesse tra di loro.
La prima, apparentemente tecnica, riguarda l’opportunità di realizzare un edificio di due piani fuori terra (con un’altezza della copertura di oltre 7 metri) in una zona paesaggisticamente delicata a pochi metri di distanza dalla linea che delimita la fascia di rispetto e tutela del Colle Storico.
La questione che si pone, infatti, non è quella della legittimità del procedimento o della conformità tecnica dell’intervento alle norme (PRG, regolamento edilizio, ecc.), né quella relativa agli aspetti estetici del progetto (ammesso che questi non abbiamo comunque una valenza oggettiva), ma quella della facoltà, da parte di chi amministra la cosa pubblica, di esercitare un’azione di tutela e salvaguardia del bene comune: in questo caso il paesaggio.
Non c’è dubbio che l’impatto dei due piani fuori terra, prescindono dalla bontà del progetto e dell’attenzione al suo inserimento paesaggistico, e pongono un problema che dal piano tecnico scivola su quello politico.
La pubblica amministrazione in questi casi non solo ha la facoltà e il potere di “indirizzare” le scelte progettuali, ma l’obbligo di esercitare un’azione di tutela di quello che è un bene collettivo - il paesaggio appunto - rispetto all’interesse del singolo, anche se legittimo.
Ed è proprio quello che invece, l’attuale amministrazione ha omesso di fare nel caso specifico: sarebbe bastato prescrivere la realizzazione del nuovo fabbricato con un solo piano fuori terra, magari con un tetto giardino, che avrebbe praticamente azzerato l’impatto visivo dell’intervento sulla visuale paesaggistica.
La seconda questione che la vicenda di Villa Gualdi solleva, invece, è prettamente politica e riguarda le previsioni dell’attuale Piano Regolatore Generale e la sua revisione.
Altri interventi, infatti, sono in questo momento in corso di realizzazione nelle zone agricole di pregio, in diverse zone del territorio comunale: probabilmente tutti conformi alle norme e alle previsioni del PRG vigente, e forse anche rispettosi delle autorizzazioni rilasciate.
Purtroppo in molti casi si tratta di interventi che hanno una ricaduta negativa sul contesto paesaggistico.
Il PRG è uno strumento di pianificazione che ha per sua natura, in base alle attuali norme regionali, una intrinseca flessibilità, che si traduce anche nella discrezionalità, per chi amministra, di negoziare le contropartite di utilità pubblica in determinate iniziative private.
La sua valenza (positiva o negativa) è demandata quindi alla capacità (e alla volontà) dell’amministrazione di indirizzare l’utilizzo del territorio in base a un progetto di medio periodo.
Sappiamo bene che il PRG attuale non è stato né ideato né approvato dall’attuale amministrazione, ma la sua revisione – ammesso che sia mai iniziata - che era un elemento cardine del programma di inizio mandato della giunta Proietti, nei fatti non si è ancora manifestata in alcuna concreta azione di modifica.
E non possono essere chiamate a difesa di tale mancata revisione né il sisma del 2016 né tantomeno la pandemia del 2020: la verità è che questa amministrazione comunale, esattamente come le precedenti, si trincera dietro questioni di ragioneria urbanistica, manifestando alla fine del suo mandato una totale incapacità di visione e l’assenza di un progetto di medio periodo.